Incontri d’Arte a Villa Marini Rubelli (TV)

Si è recentemente chiusa (7 maggio 2023) la Rassegna d’Arte Contemporanea inaugurata lo scorso 23 aprile a Villa Marini Rubelli – San Zenone degli Ezzelini (TV) denominata “Incontri d’Arte” cui ha partecipato quale invitata anche la socia Marilena Evangelista.

Qui alcune immagini della serata inaugurale, con la partecipazione del critico d’arte Vittorio Sgarbi al quale è stato affidato l’intervento di apertura della Mostra.

Giacinta Di Battista al Furba di Guardiagrele

Si è inaugurata oggi 7 maggio 2023 presso il FURBA di Guardiagrele (Chieti) in via Tripio 145 la mostra personale della socia Giacinta di Battista dal titolo Tutela il Paesaggio, a cura di Simone Marsibilio

Qui alcune immagini della esposizione, con l’artista, il curatore e la presidente della Associazione Culturale MGC Gabriella Capodiferro. La mostra rimarrà aperta fino al prossimo 1° giugno 2023

Pittura stili reinvenzioni

Pittura, stili, reinvenzioni: sette artisti abruzzesi in mostra a Mantova

Dal 15 ottobre gli allievi della pittrice Gabriella Capodiferro ospiti della galleria Sartori

CHIETI – Una “scommessa artistica”, frutto di lungo cammino fatto di studio, ricerca e impegno. Nasce da questo percorso la mostra che dal 15 al 27 ottobre prossimo vedrà sette artisti abruzzesi ospiti della prestigiosa Galleria d’Arte Sartori di Mantova. A rendere possibile l’appuntamento è stato l’ormai pluriennale sodalizio che lega lo spazio della città virgiliana, aperto nel lontano 1974, alla pittrice teatina Gabriella Capodiferro, che stavolta ha deciso di presentare le opere di sette esponenti della scuola che porta il suo nome, attraverso l’associazione Movimento del Guardare Creativo nata alcuni anni fa: si tratta di Fernanda Colangeli, Concita De Palma, Marilena Evangelista, Marco Iannetti, Teresa Michetti, Silvia Orlandi, Nicoletta Testa, artisti che saranno presenti a Mantova con quattro opere ciascuno nella collettiva che porta il titolo “Pittura, stili, reinvenzioni”.

«Pittura, stili e reinvenzioni non è il titolo di un evento, ma il frutto di un’esperienza ultra ventennale di un gruppo di allievi della scuola-laboratorio del Movimento del Guardare Creativo: allievi che dall’hobby colto sono passati a una maturità professionale ben evidente, oggi, nel loro operare: un manipolo di coraggiosi che si sono rimessi in discussione guardando il proprio lavoro con occhi nuovi» illustra Gabriella Capodiferro.  La mostra di metà ottobre  rappresenta una sorta di ideale secondo tempo dell’anteprima – correva gennaio del 2020 – in cui la Capodiferro, sempre nella galleria mantovana, aveva esposto le sue opere assieme a quelle di alcuni allievi in una collettiva dal titolo “Gabriella Capodiferro cum discipulis”: discepoli che adesso hanno imboccato una loro autonoma strada.

A spiegare il senso e la linea dell’evento è il critico d’arte Chiara Strozzieri, che ne ha curato il catalogo: «L’idea della mostra è in linea con il percorso che l’associazione si è dato, ovvero sviluppare uno spirito critico nei confronti di tutto ciò che va osservato, in primis l’arte. E lo stesso approccio è suggerito anche allo spettatore, al quale viene richiesto di non sostare passivamente di fronte a un quadro o a una scultura, o ancora a una fotografia; quanto piuttosto di attivare tutte le connessioni con il proprio mondo fantastico e il personale bagaglio di esperienze, per leggere e valutare l’opera». A legare tra loro con un filo invisibile le 28 opere esposte a Mantova pensa lo studio che i componenti del gruppo insieme hanno portato avanti con la loro maestra d’arte: la interazione colore di Josef Albers.

La presentazione di Arianna Sartori

La Galleria d’Arte Sartori, aperta nell’ormai lontano 1974 dai miei genitori, ha da sempre amato dare spazio alla conoscenza e alla promozione di nuovi Artisti e alla esposizione di Maestri, che si muovono sul territorio nazionale; così, ancora oggi, percorro volentieri la stessa strada, convinta che l’Italia intera sia vera fucina d’Arte.

Nel tempo ho proposto centinaia di Artisti tra pittori, scultori e incisori, con i quali ho condiviso le ansie e i successi ottenuti con le esposizioni nella mia Galleria.

Conosciamo l’Artista Gabriella Capodiferro, che riconosciamo vera Maestra d’Arte in pittura e sensibilissima e appassionata incisore, già da una decina d’anni e da allora con Lei abbiamo instaurato un rapporto di stima e di amicizia profonda. Le abbiamo dedicato più mostre personali di pittura e di incisione che hanno riscosso, e ne eravamo certi, notevole successo.

Gabriella Capodiferro esce dal generico schema di Artista chiusa nello studio nel quale, segretamente, approfondisce le proprie ricerche artistiche, anzi estremamente generosa già dal 1987, ha aperto il proprio laboratorio a ragazzi appassionati, diventati veri e propri discepoli che hanno reso il suo studio teatino un vero centro formativo dove possono perfezionare e approfondire le proprie tematiche e migliorare le tecniche scelte. Lei, con grande garbo e gentilezza, li affianca, li sprona e li sostiene e straordinariamente li promuove.

Già nell’anno 2020 abbiamo allestito la mostra collettiva “Gabriella Capodiferro cum discipulis” che aveva meritato moltissimo interesse da parte di un pubblico attento e appassionato.

Oggi con Gabriella Capodiferro curiamo insieme una nuova mostra collettiva e nella mia Galleria inauguriamo “PITTURA STILI REINVENZIONI”, opere di Fernanda Colangeli, Concita De Palma, Marilena Evangelista, Marco Iannetti, Teresa Michetti, Silvia Orlandi e Nicoletta Testa, che come dice la stessa Capodiferro “…Tutti i componenti di questo manipolo di coraggiosi si è rimesso in discussione guardando il proprio lavoro con occhi nuovi…”.

Noi Le crediamo, sarà una mostra da non perdere. 

La presentazione di Gabriella Capodiferro

Perché questa mostra? Perché Pittura stili e reinvenzioni non sono un titolo di un evento, ma sono un’esperienza ventennale di un gruppo di allievi della scuola laboratorio del Movimento del Guardare Creativo. Allievi che dall’hobby colto sono passati a una maturità professionale ben evidente, oggi, nel loro operare.

Pittura: è significato ricerca e sperimentazioni di materiali diversi, e di stimoli storici e culturali provenienti dallo studio attento dei maestri dell’arte nazionale ed internazionale.

Stili: sono stati occasioni di analisi critica e autocritica per riflettere sul proprio essere artista. Necessaria la capacità di leggere nella propria opera d’arte non solo valori estetici e formali, ma soprattutto scoprire le proprie unicità in un operare originale.

Reinvenzioni: tramite la rinnovata scoperta della lingua dell’immagine che se viene scritta con i suoi segni, il suo colore, le sue forme, la sua luce e la sua spazialità permette un continuo rigenerarsi dell’opera evitando la riproposizione del proprio stile attraverso solo icone ripetitive.

Tutti i componenti di questo manipolo di coraggiosi si è rimesso in discussione guardando il proprio lavoro con occhi nuovi. Ha accettato un duro percorso di ricerca linguistica riferendosi alla posizione di Joseph Albers nella sua “Interazione del colore” edita negli anni ’50 dello scorso Novecento e riproposta recentemente dalla Feltrinelli.

Tutti subiscono il fascino del colore per la sua capacità di creare assonanze armoniche, per i suoi significati simbolici, per l’emozione di piacere o repulsione, ma Albers ci ha spinto a guardarli per una qualità tutta loro di relazionarsi.

Non più conta solo la possibilità di relazionarli secondo valori di armonia ed equilibro compositivo ma come interazione.

L’interazione significa azione e quindi il rapporto fra colori può giungere a creare mutazioni percettive del tono cromatico in un continuo mutarsi di uno stesso colore che cambia il suo stato per la vicinanza di un altro che può influenzarlo favorevolmente o sfavorevolmente fino a non apparire più sé stesso. L’occhio di chi guarda non è chiamato solo a vedere la bellezza emotiva di un colore, ma anche vederne la sorprendente mutazione in una dinamica sempre imprevedibile di rapporti cromatici.

L’attuazione di questa mostra è stata possibile grazie alla collaborazione di Arianna Sartori e della sua Galleria in Mantova, con la quale ho condiviso altre felici occasioni di lavoro e gli stessi intendimenti culturali, sorretti da stima reciproca e spirito di amicizia.

Insieme siamo partite dalla mia Personale del 2018; nel 2020 la 3° edizione di “Gabriella Capodiferro cum discipulis” e nel marzo 2022 la mostra di grafica “Due artiste tra tradizione e sperimentazione”! con l’incisore Nicola Sene.

Il testo critico di Chiara Strozzieri

La galleria Sartori di Mantova ha creato negli anni un connubio con la scuola d’arte di Chieti diretta dall’artista Gabriella Capodiferro, offrendosi di ospitare non soltanto una storica personale di quest’ultima nel 2018, ma anche una collettiva, due anni più tardi, che facesse luce sulle diverse linee di ricerca adottate da allievi che ormai seguono i suoi insegnamenti da circa un ventennio. Stavolta il lavoro sinergico di Capodiferro, qui nell’inedita veste di curatrice, e di Arianna Sartori, che ha intercettato le potenzialità del progetto, ha permesso a un ristretto numero di artisti della scuola di mettersi in prima linea, esponendo per la prima volta da soli un nutrito numero di opere recenti.

C’è da dire che l’attività della scuola è da sempre supportata dall’associazione culturale teatina, Movimento del Guardare Creativo, di cui molti allievi fanno parte e che sposa l’idea di sviluppare grazie a diversi progetti uno spirito critico nei confronti di tutto ciò che va osservato, in primis l’arte. E lo stesso approccio è suggerito anche allo spettatore, al quale viene richiesto di non sostare passivamente di fronte a un quadro o a una scultura o ancora, a una fotografia, quanto piuttosto di attivare tutte le connessioni con il proprio mondo fantastico e il personale bagaglio di esperienze, per leggere e valutare l’opera. Dunque il fatto che Fernanda Colangeli, Concita De Palma, Marilena Evangelista, Marco Iannetti, Teresa Michetti, Silvia Orlandi, Nicoletta Testa siano pionieri tra gli altri discepoli nel mostrare la loro autenticità, significa che in questo momento loro diventano attivatori di quel guardare creativo auspicato per tanti anni da tutto il gruppo. Ognuno lo fa a suo modo, ma la base di partenza comune è una certa aderenza allo studio portato avanti dalla maestra d’arte, che quest’anno si è focalizzato particolarmente sulla interazione del colore di Josef Albers.

Da una parte, è interessante notare come i nostri artisti, staccandosi in un certo qual modo dal ruolo di allievi, facciano riferimento ad uno degli insegnanti della più innovativa scuola di arte e design del primo Novecento, ovvero la Bauhaus; dall’altra parte, è bene sottolineare come trasmettano attraverso l’esempio le potenzialità dei loro strumenti, tanto quanto Albers invitava a sviluppare l’occhio per il colore. Evidentemente c’è una connessione profonda tra ricerche artistiche contemporanee al di là del tempo che le separa, visto che i traguardi professionali di Albers si sono avvicendati fino al 1976.

La prima a dimostrarlo è Silvia Orlandi, particolarmente interessata a quel manuale del grande artista tedesco, pubblicato per la prima volta nel 1963, che è “Interazione del colore”. Dalle lezioni sul modo di affinare la sensibilità per la luce, lei ha colto l’importanza di saper leggere tutti i colori, compresi il bianco e nero, perché anche questi ultimi possono avere diverse tonalità che si compenetrano in quantità variabili. Ecco allora che la sua ricerca si focalizza sulla dimostrazione delle infinite gradazioni esistenti fra i poli del bianco e del nero, e per fare questo utilizza materiali differenti (carta, gomma, feltro) che per loro stessa natura hanno sfumature di nero diverse. Il suo è un po’ un discorso all’incontrario rispetto agli Achrome di Piero Manzoni degli anni Cinquanta, che invece studiavano la riflessione della luce attraverso oggetti e materia dentro opere completamente bianche. Qui invece il colore viene assorbito e talvolta acceso da lampi di rosso che mettono in moto la composizione, così come fanno i tagli particolari delle opere. Potremmo definire questi lavori di Orlandi come pitto-sculture, adattate alle pareti attraverso fili messi in evidenza, ma eventualmente autonome su qualsiasi tipo di supporto e perfino a pavimento. C’è dunque un grande senso di libertà che in qualche modo resta fedele al discorso di Albers, il quale concepiva le sue lezioni pratiche come un mero accompagnamento alla creatività.

Lo stesso discorso sul tonalismo, anche se affrontato a 360°, considerando tutto l’ampio spettro dei colori, è ripreso da Concita De Palma, anche lei per certi versi materica, soprattutto in una prima fase di sperimentazione. Infatti, per comprendere appieno le gradazioni teorizzate da Albers come scale di colore più o meno intenso, l’artista sovrappone in un primo momento fascette di carta imbevute di tempera e assemblate (Immerso) oppure retini adesivi normalmente utilizzati negli studi di architettura. Questo è il caso di un Omaggio a Bellini e alla sua Madonna dai Cherubini rossi (olio su tavola del 1485, conservato presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia), in cui sapientemente l’artista sceglie un’icona nota, e dunque familiare e riconoscibile, in modo che lo spettatore possa focalizzare l’attenzione sulla tecnica esecutiva. Con la sovrapposizione dei retini simula una stratificazione del colore, che ad ogni pennellata – e in questo caso ad ogni frammento incollato – è reso più intenso.

Lo stesso effetto viene poi riproposto solo ed esclusivamente con la pittura attraverso velature semitrasparenti dalle quali emergono forme geometriche libere, in cerca del loro spazio vitale. De Palma dimostra una conoscenza profonda della storia dell’arte, che va dalle esperienze astratto-geometriche degli anni Cinquanta e Sessanta, a ritroso fino al tonalismo veneto del Cinquecento. Lei ha introiettato la lezione sulla luce di Tiziano, cercando tuttavia di preparare ad ogni evenienza il rapporto cromatico tra le forme bidimensionali inscritte nel quadro.

Sulla bidimensionalità gioca molto Marilena Evangelista, la quale, agendo con metodo ed estrema precisione, riesce a costruire un campo percettivo solido, tanto quanto lo sarebbe un campo tridimensionale. La fase progettuale è il fondamento del suo lavoro, che si arricchisce di studi sulle infinite possibilità di strutturazione prospettica e visuale. In questo senso le vengono incontro quei concetti espressi da Josef Albers, che le suggeriscono una relazione tra linee compositive e zone piatte di colori tonali. L’artista fa sua una concezione del colore quale elemento costruttivo all’interno del quadro, con il suo peso e la sua luce, che si esprime secondo le entità di estensione, densità, assorbimento e radianza. È proprio grazie alla luce che le superfici piatte sviluppano un volume (Triangoli in spostamento libero, Luce imprevista), dimostrando la positività della teoria della percezione: non c’è errore sensorio, né inganno dell’occhio, ma esiste una effettiva correlazione tra le diverse quantità di luce portate da stesure cromatiche uniformi.

Elemento di unicità rispetto all’opera di Albers è la scelta delle figure geometriche fatta da Marilena Evangelista. Se infatti tutti i dipinti del maestro tedesco hanno come punto di partenza l’inscrizione del quadrato dentro un’altra serie di quadrati via via sempre più grandi, la nostra pittrice non crede nell’esistenza di un’unica forma simbolica dello spazio. Liberamente lei riesce a spaziare dal rettangolo al cerchio, dal triangolo alla forma geometrica irregolare, creando sempre un campo percettivo esatto.

Si tratta di una costruzione concreta e non illusiva dello spazio pittorico, che rimanda alla volumetria del colore sfruttata da Teresa Michetti nei suoi dipinti a metà tra il metafisico e il surreale. Da Giorgio De Chirico l’artista prende la coesistenza in uno stesso ambiente di oggetti appartenenti a contesti differenti (vedi l’altalena e l’arancia in Regained freedom), ma anche la piccola figura del filosofo che si staglia all’orizzonte abitando uno spazio così ampio da sembrare subissarlo (Towards). Questi elementi, insieme ad altri prettamente surreali come le forme ingigantite all’inverosimile e gli oggetti personificati, sono resi contemporanei nel senso più stretto del termine grazie a un minuzioso lavoro sul colore.

Il tonalismo di Albers è solo accennato nei cieli risultanti da stratificazioni cromatiche, mentre il discorso sulle potenzialità che ogni colore è in grado di esprimere grazie alla vicinanza con gli altri è ben evidenziato in ogni lavoro. Toni freddi e caldi dialogano bene fra loro, potenziandosi vicendevolmente, e in generale tutti i timbri prediletti si solidificano negli oggetti, chiarendone la volumetria. Questo fa sì che, al di là dei significati reconditi del quadro, la sua ragione d’essere sia da ricercare nella densità o profondità del campo percettivo. Viene creata una non-realtà – si potrebbe pensare a uno spazio metafisico o alla dimensione onirica surreale – che accoglie tutti gli elementi compositivi, prima ancora di lasciare adito al pensiero per le sue interpretazioni.

La fantasia dello spettatore riesce dunque ad essere stimolata anche quando sono presenti opere figurative, per definizione più descrittive rispetto a lavori di tipo astratto o informale. A metà strada tra le une e gli altri si inserisce la linea di ricerca di Nicoletta Testa, la quale riesce a sfruttare in suo favore l’utilizzo di rimandi alla realtà fenomenica. È il caso di un Sipario,realizzato attraverso un trittico di tele trattate con pigmenti a colla, che apre la scena su un fantomatico bosco incantato dove appunto, solo superficialmente ci si riferisce alla natura, perché tutto è pretesto per lo studio del colore.

L’artista verifica la lezione di Josef Albers attraverso una costruzione coloristica-tonale dei tronchi, dei rami e delle radici, in relazione anche agli ambienti piatti che li circondano. È come se Testa perseguisse lo scopo ultimo di allenare l’occhio per il colore, convinta che solo la pratica consegni al pittore gli strumenti giusti per operare; del resto lo studio teorico dell’ottica e dei sistemi cromatici storicamente non sono stati sufficienti a sviluppare una certa sensibilità per la luce. L’artista invece, si fregia di un’acuta percezione estetica, risultando semplice ed esemplificativa, in ultima analisi altamente raffinata. L’apice di questa eleganza formale è l’opera Notturno, dove le superfici piatte sviluppano un volume grazie alla luminosità del colore e la prospettiva è un sistema in cui si coordinano forme diverse in uno spazio unitario.

Gli autori delle opere prese in disamina finora hanno lasciato poco spazio alla spontaneità, in favore di uno studio attento e rigoroso. Ma all’interno del piccolo gruppo scelto per esporre nella prestigiosa galleria Sartori di Mantova, non potevano mancare due artisti che si muovono con scioltezza all’interno del perimetro eccezionalmente spontaneo dell’arte informale: Fernanda Colangeli e Marco Iannetti.

Quest’ultimo si presenta in tutto e per tutto come erede di Gabriella Capodiferro, avendo una capacità unica di leggere le opere della sua maestra e figura di riferimento dai tratti materni, e poi di riproporne gli elementi identificativi in quadri più contemporanei. Si riconosce infatti a Capodiferro il merito di avere aderito a quei classici valori estetici formali che hanno reso grande la storia dell’arte italiana e di non averli mai traditi, nemmeno quando le sperimentazioni si sono fatte più radicali. E Marco Iannetti riprende questo linguaggio specifico, fatto di  linea, colore, luce, volume, spazio, composizione, avvalendosi però di una tecnica nuova. Lo dimostrano già i tempi di esecuzione dell’opera, che si restringono rispetto a quelli di Capodiferro e si nutrono della freschezza data dall’immediatezza e dalla spontaneità, e lo confermano la chiarificazione degli sfondi mai stratificati, insieme all’introduzione dell’uso di pennarelli che rendono vividi i paesaggi della mente.

In ultima istanza, le opere di Iannetti sono liriche strutturate in pennellate anziché in versi, accompagnate dal suono dei colori che magistralmente vengono calibrati a seconda dei toni e dei timbri. Queste composizioni poetiche hanno dentro una musicalità che da una parte ha chiaramente introiettato le forme tradizionali di un’arte classica, dall’altra tuttavia si presenta come un componimento libero dell’arte contemporanea.

Chi fa della sua libertà di espressione un baluardo della propria poetica è Fernanda Colangeli, che muove da un’ipotesi spaziale/temporale a priori per arrivare ai giudizi estetici: il campo visivo del quadro è già uno spazio su cui agire, inserito in un tempo presente, e il radicamento dell’artista nel qui e ora la mette nella condizione di poter godere appieno dell’esperienza pittorica. La sua presenza si avverte in ogni dove e ha il potere di generare empatia nell’animo dello spettatore, che si sente rapito dallo spettacolo delle sue creazioni. Del resto è semplice sentirsi vicini ad opere d’arte che sono espressione di idoli, intesi come oggetti di ammirazione, più o meno riconoscibili (la macchina nera in Irruzione, l’elemento acquatico in Desiderio di libertà, il corpo celeste dell’Ultimo sole). Ogni idolo si forma nella psiche umana e serve al pensiero, ma il pensiero stesso lo verifica, smitizzandolo e tramutandolo in pittura.

Il processo creativo di Colangeli, così come le bellissime sfumature di colore che si configurano come intonazioni espressive del linguaggio artistico, non si riferisce alla lezione di Albers, se non in quelle implicazioni imprevedibili che il lavoro del maestro ha avuto nella spazialità espansiva e puramente cromatica di Rothko. Questa è l’ennesima dimostrazione di come il nostro gruppo di artisti abbia a tal punto sviluppato una sua professionalità da poter viaggiare secondo rotte diverse, pur partendo dallo stesso principio. Colangeli, De Palma, Evangelista, Iannetti, Michetti, Orlandi, Testa incarnano lo spirito della scuola d’arte di Gabriella Capodiferro, che ha sempre attivato e sempre attiverà in ogni discepolo il proprio e autentico genio creativo.

In calce il link per scaricare il catalogo in formato pdf, con tutte le opere degli artisti

Capodiferro – Sene, inaugurazione

Si è inaugurata sabato 12 marzo 2022 presso la Galleria d’Arte di Arianna Sartori – Mantova, alla presenza di un folto pubblico di appassionati ed artisti, la mostra di grafica delle artiste Gabriella Capodiferro e Nicola Sene.

Qui alcune immagini del vernissage….

Qui alcune immagini delle opere grafiche di Gabriella Capodiferro

Qui alcune immagini delle opere grafiche di Nicola Sene

La Mostra rimarrà aperta fino al 31 marzo 2022

Gabriella Capodiferro – Nicola Sene

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La Galleria “Arianna Sartori” di Mantova, nella sede di Via Ippolito Nievo 10, presenta la mostra “Due artiste tra tradizione e sperimentazione. Gabriella Capodiferro e Nicola Sene”, presentata dal critico d’arte Enzo Di Martino.   L’esposizione, curata da Arianna Sartori, si inaugura Sabato 12 marzo alle ore 17.00 alla presenza delle artiste, e resterà aperta al pubblico fino al prossimo 31 marzo 2022 con il seguente orario: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30, chiuso Domenica e Festivi.
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Enzo Di Martino, Nicola Sene e Gabriella Capodiferro nell’Atelier Aperto – Venezia
Nicola Sene e Gabriella CapodiferroUna esperienza nell’Atelier Aperto di Venezia
di Enzo di Martino

L’incontro di due artiste, osservate nel momento della loro piena maturità ideativa ed espressiva, peraltro negli ultimi anni impegnate assieme, si potrebbe dire fianco a fianco, in una inedita e sorprendente esplorazione dei linguaggi della grafica d’arte, quelli tradizionali e quelli cosiddetti sperimentali. In un confronto che ha avuto diversi e ripetuti incontri all’interno dell’Atelier Aperto a Venezia, disvelando, in particolare nell’orizzonte ideativo e nei confini espressivi dell’utilizzo degli innovativi procedimenti incisori caratterizzati dall’impiego, in questa occasione, di materie e materiali assolutamente inconsueti nella tradizione storica. Collegando storicamente, nella continuità maturata negli ultimi cinquanta anni, le straordinarie esperienze di personalità, in certi momenti attivi anche a Venezia, quali Stanley Hayter, del mitico Atelier 17 di Parigi e New York; Emilio Vedova, il cui grande studio era considerato lo spazio della sperimentazione; Henri Goetz, al quale si deve l’introduzione del carborundum in sostituzione dell’acquatinta; Johnny Friedlaender, noto per la sua stampa a più colori sulla stessa matrice. Tutti partecipi del convegno internazionale e della grande mostra, nel 1991, direttamente sotto l’egida organizzativa della Biennale di Venezia, producendo infine l’ormai famosa “Dichiarazione di Venezia” che, da quel momento, regolamenta in tutto il mondo la chiarezza processuale e le obbligate indicazioni tecnico-formali della grafica d’arte. Aggiungendo a quel gruppo di grandi maestri la figura di Riccardo Licata che, per alcuni decenni, è stato l’insostituibile tramite di conoscenze tecnico-teoriche e di esperienze espressive tra Parigi e Venezia.
Nicola Sene
Nicola Sene Docente da 50 anni di tecniche dell’incisione tradizionali e delle sperimentazioni più avanzate nella grafica d’arte, Sene ha significativamente scelto di presentare in questa occasione mantovana solo opere xilografiche, cioè il più antico e storico procedimento incisorio, come a volersi distanziare dalla frequentazione quotidiana dei procedimenti e dei materiali definiti sperimentali. Forse anche per distinguere nettamente gli esiti formali del suo lavoro, nel quale affiorano evidenti tendenze figurative, da quelli della sua collega-allieva che, stimolata dalle nuove conoscenze tecniche, ha invece accentuato il distanziamento, peraltro esistente già nel suo più recente lavoro, da qualsiasi descrizione e narrazione visiva. Per Nicola Sene si tratta comunque di una scelta giustificata anche dal prestigioso Premio Ugo da Carpi per la xilografia, conseguito nel 2007 in occasione della XIII Biennale della Xilografia. Armata di un segno largo ed espressivo, docile e fluente sull’arrendevole legno di filo, Sene manifesta per tale via figure di fantasia, non descrittive ma piuttosto dense di allusioni e illusioni. Appaiono infatti misteriose ed indecifrabili provocando nel riguardante un certo disorientamento dovuto alla loro difficile e forse impossibile significazione compiuta e definitiva. Si tratta di figure metaforiche nelle quali ciascuno può inattesamente riconoscersi e rispecchiarsi. Come peraltro avviene sempre, con assoluta evidenza, in tutta la grande storia dell’arte.
Gabriella Capodiferro
Gabriella Capodiferro Alla fine di un mio ampio e forse esaustivo testo del 2016, pubblicato in occasione della sua mostra a Venezia presso la Scoletta dei Tiraoro e Battioro a San Stae, avevo non a caso scritto che nel futuro dovremo ancora fare i conti con la sua già evidente “tendenza verso l’Oltre”, e scoprire così dove conduce infine la personale e straordinaria poesia immaginativa di Gabriella Capodiferro. Pur dotata di una formazione perfino “accademica” – ha frequentato a suo tempo l’Accademia di Belle Arti a Venezia, con la guida di un autorevole Maestro come Bruno Saetti – la recente esperienza e conoscenza dei procedimenti sperimentali della grafica d’arte, ancora una volta a Venezia, all’interno di Atelier Aperto, ha evidentemente rivoluzionato i pur già consolidati modi formali ed espressivi di Gabriella Capodiferro. Conducendo i modi di apparizione della sua opera più recente, al di là dei limiti e dei confini fino a quel punto seguiti e perseguiti, in un personale percorso logico e coerente che, a ben vedere, era iniziato clamorosamente già a partire dal 2010. Ma adesso, il solo fatto di trovarsi di fronte, per la prima volta, a matrici di cartone o di plexiglass, anziché di rame o di zinco, come era nella tradizione, ha messo in moto meccanismi riflessivi del tutto nuovi per l’artista abruzzese. Stimolati, ed anzi accentuati dall’impiego in questi casi di materie e materiali inediti come paste fluide, stucchi, lacche che potevano disvelare, nell’operazione di stampa, inattesi e sorprendenti valori espressivi. Ecco allora che le sue immagini hanno acquisito una nuova autonomia formale, caratterizzata adesso da vasti campi di colore e larghe striature segniche, pur rimanendo, come ho rimarcato in un’altra occasione, sempre in bilico tra astrazione e figurazione. In una declinazione che tiene conto dei valori simbolici e metaforici che, un’opera tesa in definitiva a rappresentare soprattutto sé stessa, inevitabilmente contiene, esprime e manifesta. L’intenzione risulta allora quella di dare finalmente voce ad una personale e forse segreta o mai completamente espressa poesia immaginativa. Le recenti opere della Capodiferro configurano a questo punto veri e propri campi emozionali che la luce derivante da certi “strappi” che l’artista mette in atto, appare infine come l’esito di una preghiera laica, come peraltro è sempre avvenuto nella lunga vicenda storica, secolare dell’arte.

Enzo Di Martino – Venezia 21.02.2022
Nicola Sene
Imparare insegnando “Non credo che sia una mia scoperta, ma che questa riflessione appartenga a tutti coloro che si trovano ad esercitare questo ruolo. Lavorare con gli artisti è comunque un altro paio di maniche. Il carattere degli artisti sono diversi e vari: pieni di manie, incertezze, esigenze assolute e paure. Ma, se vissute come delle sfide volte a trovare con loro un dialogo produttivo, allora è una esplosione! Il maestro si entusiasma per primo delle soluzioni e dei risultati, davanti, si apre una strada nuova, tutta da scoprire insieme. Questo è successo una volta di più nell’incontrare Gabriella Capodiferro, lei si è abbandonata coraggiosamente all’incontro, e passando dalle lastre di zinco anche trattate in maniera ‘diversamente classica’, siamo arrivate alle matrici povere e nello specifico al cartone. Gabriella si è impossessata di questa tecnica, totalmente! Con i risultati che oggi possiamo vedere, la strada si è aperta per lei e io ho finito il mio compito. Per quanto mi riguarda, nell’arrivare a Mantova, in questa doppia personale che ci vede insieme, ho scelto delle opere ottenute con matrici di legno. Ho voluto fare una scelta quasi antologica, perché il legno l’ho vissuto così, prima in maniera classica, bianco e nero, stampa alta (a rullo), ma essendo incisori-calcografi, gente che inchiostra il segno, ho trasportato questa conoscenza sul legno, unendo le mie esperienze di stampa ho accarezzato a mano queste superfici scoprendo e apprezzando ogni difetto, ogni nodo ogni vibrazione… ed è diventato il mio mondo”.

Nicola Sene – Venezia, febbraio 2022
Gabriella Capodiferro
“Questa mostra “due artiste tra tradizione e sperimentazione” è per me evento perché nasce dall’incontro con due persone speciali con le quali è nata una amicizia ricca di intese sia sul piano umano che artistico. Intese che mi hanno notevolmente arricchita e che soprattutto mi hanno restituito tutta la mia energia creativa. Tutto ha avuto inizio dopo la personale del 2016 a Venezia, presentata e curata da Enzo Di Martino presso la Scoletta dei Battioro e Tiraoro a San Stae. Mostra che ha avuto un riscontro di critica e di pubblico più che soddisfacente, dandomi tantissimo, ma anche togliendomi molto a livello di energia creativa. Ed ecco, Enzo Di Martino, critico attentissimo all’intimo sentire degli artisti, grazie alla sua lunga esperienza di “critico militante” che suggerisce: “perché non riprendi con la grafica?”. Lui conosce una persona speciale che dirige lì, a Venezia, “l’Atelier Aperto” dove insegna agli artisti ad aprirsi ad esperienze nuove nel campo delle tecniche incisorie e della stampa. Vado con lui e conosco Nicola Sene. Artista straordinaria, maestra eccellente, che mi lascia piena libertà di sperimentare con matrici particolari, materiali e strumenti tra i più disparati. Nicola Sene (Lili) è stata per me la maestra ideale, ha permesso la mia riapertura all’arte attraverso la grafica, che avevo lasciata indietro nel corso degli anni. Lili mi ha trasferito il suo entusiasmo, mi ha donato generosamente la sua professionalità, permettendomi di reinventare la mia arte attraverso le varie tipologie dell’incisione. Con la sensibilità dell’artista maestro ha saputo guidarmi verso risultati espressivi in piena armonia con la mia pittura ed assolutamente validi dal punto di vista dello stile”.

Gabriella Capodiferro – Chieti, febbraio 2022


Orario dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso Domenica e Festivi.

Catalogo Sartori Artisti Italiani – anno 2021

E’ stato appena pubblicato dall’archivio Sartori Editore di Mantova il Catalogo 2021 degli Artisti Italiani.

Le schede, dedicate ai pittori, agli scultori e ad alcuni incisori, si caratterizzano per l’ottima qualità delle riproduzioni in quadricromia delle opere, per le notizie biografiche, per i curricoli artistici, per le referenze e per i possibili contatti con gli artisti

Quest’anno è inserito nel Catalogo, una breve storia del Movimento del Guardare Creativo – M.G.C. con le note biografiche degli artisti che lo compongono: Capodiferro Gabriella – Camplone Alfonso – Colangeli Fernanda – Conti Isa – D’Alessandro Simonetta – D’Aponte Francesco – De Lellis Laura – De Palma Concita – Di Battista Giacinta – D’Ortona Morena – Evangelista Marilena – Iannetti Marco – Lisanti Rosa – Michetti Teresa – Natale Annamaria – Rucci Antonio – Santilli Paola – Testa Nicoletta – Torriuolo Bruno.

Il volume CATALOGO SARTORI d’arte moderna e contemporanea 2021 nel formato 30,6×21,5 cm. – pp. 480 cartonato e con oltre 500 illustrazioni a colori è in vendita a € 60,00

Per informazioni:

ARCHIVIO SARTORI EDITORE, Mantova – Via Cappello 17 e Via Nievo 10 | tel. 0376.324260 | info@ariannasartori.191.it

Gabriella Capodiferro cum discipulis alla Galleria Sartori – Mantova

Sarà inaugurata sabato 11 gennaio 2020 alle ore 17,00 presso la Galleria Arianna Sartori (via Ippolito Nievo, 10 – Mantova) la mostra collettiva Gabriella Capodiferro cum discipulis, curata dalla storica dell’arte Chiara Strozzieri. Verranno esposti gli ultimi lavori dell’artista teatina Capodiferro, affiancata dagli allievi della scuola d’arte che gestisce con professionalità dal 1987 presso il suo studio a Chieti. Questi i nomi degli autori, che esporranno ognuno una coppia di quadri della loro produzione più recente: Lorella Belfonte, Marcello Bonforte, Alfonso Camplone, Fernanda Colangeli, Isa Conti, Simonetta D’Alessandro, Francesco D’Aponte, Morena D’Ortona, Laura De Lellis, Rossana De Luca, Concita De Palma, Giacinta Di Battista, Liliana Di Giovine, Marilena Evangelista, Annalisa Faieta, Marco Iannetti, Rosa Lisanti, Teresa Michetti, Annamaria Natale, Silvia Orlandi, Gabriella Orlando, Graziella Parlione, Paola Santilli, Nicoletta Testa.

Le linee di ricerca di questi artisti affrontano linguaggi espressivi e tecniche molto diversi tra loro e questo denota la buona riuscita della scuola, così come la capacità della maestra Capodiferro di lasciare piena libertà ai suoi discepoli. La sua stessa poetica si è evoluta in oltre cinquant’anni di pratica pittorica, passando dal figurativo all’astratto, fino ad approdare a un definitivo lessico informale che l’autrice propone a Mantova con un nutrito gruppo di opere eseguite tra questo e lo scorso anno.

La serata di inaugurazione vedrà la presenza degli artisti e della curatrice Strozzieri, la quale presenterà per l’occasione anche l’elegante catalogo di mostra con la riproduzione a colori di tutte le opere esposte e un corposo suo testo critico. Il catalogo sarà disponibile in galleria per tutta la durata della mostra, fino al 30 gennaio 2020, nel seguente orario di apertura: dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30. Per ulteriori informazioni contattare la Galleria al numero 0376.324260.

La Galleria “Sartori” nella sua quarantennale attività espositiva ha sempre voluto guardare al mondo dell’Arte e degli artisti senza condizione di stili e di tecnica.      Gli artisti che vi si avvicendano e che provengono da località italiane diverse, operano con diversi stimoli, negli ambiti culturali più vari.In questa visione aperta non poteva mancare l’interesse per i giovani e per quegli artisti che hanno deciso la via dell’insegnamento dell’Arte; interesse che si è espletato nel tempo, organizzando eventi che hanno visto maestri ed allievi esporre fianco a fianco.Così, negli ultimi anni, si sono avvicendati gli allievi del corso di scultura del professor Filippo Scimeca e quelli del corso di nudo del professor Massimo Zuppelli della Accademia di Brera.Quindi gli allievi dell’artista Vittorio Emanuele di Milano e quelli di Carlo Barbero di Torino.

Ora è la volta di Gabriella Capodiferro, un’artista che abbiamo già fatto conoscere a Mantova in una bella Mostra del 2018 dal titolo evocativo “Luce acqua vento”.       La mostra “Gabriella Capodiferro cum discipulis” che proponiamo questa volta è di una Scuola che viene dall’Abruzzo, frutto di un vivere l’Arte insieme nello studio stesso dell’artista, figura carismatica della pittura della sua Regione, che nel suo studio Teatino ha fatto un centro formativo frequentato da numerosi discepoli, desiderosi di coltivare la passione per l’arte perfezionando la pratica delle tecniche con le quali proporre le proprie visioni interiori. Stimolata da tale esigenza la Capodiferro ha fatto del suo Studio, sin dal 1987, un luogo privilegiato di ricerca collettiva, rinverdendo l’antica consuetudine della bottega artigianale.

Ed ecco il frutto di questo lavoro didattico e culturale in senso lato; allo stesso tempo esso va letto anche come un vicendevole scambio tra maestro e discepoli, alcuni dei quali hanno fatto molta strada nel campo della pittura.

Arianna Sartori

Chiara Strozzieri al Pescara Festival

Venerdì 8 novembre alle ore 18,30 presso il Museo delle Genti D’Abruzzo il critico d’arte  Chiara Strozzieri presenta, nell’ambito delle manifestazioni promosse dal Pescara Festival -Libri ed altre Cose, il suo ultimo lavoro:  Filippo De Pisis – Diario 1931 -32, con Michele Meomartino e presentazione di Dante Marianacci.

Ulteriori informazioni a questo link:

https://www.pescarafestival.it/evento2019.php?idapp=1266

Siete tutti invitati alla manifestazione